A voice in my restless sleep

Stringo tra le dita quel pezzo di carta ormai consumato, stropicciato, abraso dai miei occhi che lo hanno calpestato ogni notte. Due macchie rosse e secche, quasi nere, nascondono alcune lettere. Sono vecchie come quella notte in cui ho annaffiato la terra secca di Richleaf, in cui André mi ha ficcato le mani nel ventre per lasciarmi in corpo almeno una vita. Sono tornato in quella radura. Adesso lì crescono fiori rossi.

Then hate me when thou wilt; if ever, now;
Now, while the world is bent my deeds to cross,
Join with the spite of fortune, make me bow,
And do not drop in for an after-loss:
Ah! do not, when my heart hath 'scaped this sorrow,
Come in the rearward of a conquered woe;
Give not a windy night a rainy morrow,
To linger out a purposed overthrow.
If thou wilt leave me, do not leave me last,
When other petty griefs have done their spite,
But in the onset come: so shall I taste
At first the very worst of fortune's might;
   And other strains of woe, which now seem woe,
   Compared with loss of thee, will not seem so.


No Capitano Volkov, non ho mai pensato o preteso che qualcuno mi chiedesse scusa per quella notte. Ho sempre conosciuto le regole del gioco. Che riposino gli spiriti della mia terra, perché io ora combatto per dar loro pace.

Pero, quién darà paz a mí?