Everything is connected


I sedativi mi sbattono contro l'interno del cranio come i martelletti di un tamburo. Come quelli che suonano nella banda il venerdì pomeriggio per le strade del Pelouriño, a Las Rosas. Sento il battito del cuore amplificato senza dovermi mettere una mano al petto. Ogni contrazione mi pulsa contro le tempie. I giorni sono mischiati alle visioni dei sogni ed i sogni notturni sono vividi come il dorso della mia mano. E' bianca. Non la vedevo così da molto tempo. Da prima di fare promesse. Prima di conoscere il senso del Dia de los Muertos. Quando non avevo bisogno di ingannare le paure notturne con quei disegni. Prima di diventare una di quelle paure notturne. Ci metto un po' a riconoscere allo  il mio volto privo di segni, riflesso sul fondo di un piattino di metallo in cui sono stati lasciati gli strumenti ancora sporchi del mio sangue. Lupe, mi ricordi così, non è vero? Ho seppellito te e molti altri sotto il piombo dell'inchiostro e delle pallottole.


L'ospedale della flotta su Greenfield è freddo, come me lo ricordavo. Era inverno anche allora? E' sempre inverno. Questa stanza è talmente vuota che sembra debba mancare anche l'aria.

"Bones"

Non sussulto neanche quando compari sulla soglia della porta.

"Come coño sei entrato, Lee?"
"Ho seguito la scia, no?"
"La scia"

Ti gratti la mascella con medio e pollice quasi dovessi sorreggerti la testa, cercandomi addosso i segni della stanchezza.

"Ti hanno rimesso insieme"
"Solo la ferita"
"Già"

Passa talmente tanto tempo tra un gruppo di frasi e l'altro che mi sembra che la cicatrice si rimargini più velocemente del vuoto tra le nostre parole. La canotta grigiastra ti si attacca al petto, i capelli sudati stracciati sul volto o tirati confusamente all'indietro. Senza che un respiro affannato ti sconvolga il diaframma.

"Hai sudato"
"Colpa tua"
"Sei corso fin qui?"
"Più o meno"

Ti potrei fissare per ore e non ti sposteresti di un millimetro, mi basta abbassare lo sguardo per un attimo, per cercare una sigaretta che non posso fumare e sento il tuo peso cadere su una sedia di fianco al letto, che chissà da dove è comparsa. Le tue gambe scompostamente tese in avanti.

"Smettila di fumare quella merda"

Mi ritrovo in bocca una sigaretta e le tue dita. Ti accerti che la fumi come se dovessi prendere una medicina. Non sento il sapore della bloom.

"I tuoi tatuaggi..."
"Non sono cazzi tuoi"
"Stai bene così"
"Ti ho detto di cambiare argomento"
"Ti si vede la faccia"

Sbuffare catrame mi brucia i polmoni come la prima volta. Tossisco come un ragazzino o come un vecchio.

"Non saresti dovuto venire. Ma tanto la dimenticherai tra un anno, o due. Ti servirà meno tempo di quanto ve ne lascerò a disposizione."
"Ti sei sporcato tutta la faccia, scemo"
"Que?"
"La faccia"

Mi accorgo di quel sapore metallico solo dopo che me lo fai notare. Mi passo la mano destra sulle labbra, raccolgo un grumo rosso, denso, sporco.

"Cristo"

Mi guardo i palmi, rivolti verso l'alto, appoggiati in grembo, e solo allora mi rendo conto di avere l'altra mano coperta di sangue. Mi sono spalmato il volto di rosso ad ogni tiro di sigaretta. 

"Quando la smetterai di piangerti addosso, Bones..."

La tua frase è l'inizio di qualcosa lasciato in sospeso, qualcosa di incompleto, l'atroce insoddisfazione di una saggezza mancata, la voce sadica di chi non ha pietà per la mia maschera d'inchiostro. Mi passi uno straccio sulla mano, tra le dita. Le pulisci come ti ho visto pulire le ferite dei soldati al fronte. Sangue e terra, pulivi sangue e terra dalle loro ferite.

"You can't be angry forever"
"Don't I have the right to?"
"Sure you do. Is it helping?"
"Jodete, mi vieni a far la predica con le nocche spaccate dai pugni!"
"Il che rende ancora più interessante il fatto che tu abbia scelto me per dirtelo, kid"



I do feel her hands when I'm exhausted

[Settembre 2499]
E' sabato ed è il compleanno di Gala. Nonna Odie è la santera più conosciuta di Maracay ed è povera come gli altri. Le sue collane sono di conchiglie e l'unico profumo che indossa è quello del pane fresco. E' il compleanno di Gala e per festeggiare mangiamo carne di pollo ed acqua di cocco. Passiamo il giorno a giocare nel cortile. Nonna Aleida ci racconta le storie delle nostre radici, le sue storie, la storia di come ha conosciuto l'amore della sua vita. Credo sia l'ultimo ricordo impeccabile che ho di noi quattro.

[Aprile 2511]
Gala brucia lentamente su un letto di legno. Un corpo ha bisogno di molto tempo per lasciarsi consumare. La pira viene accesa all'alba ed entro il tramonto non deve rimanere niente se non la  cenere. Abbiamo ore di tempo per lasciarci affaticare dal dolore. Mentre i tizzoni scricchiolano mi sembra di perdere qualcosa, cui non riesco più a dare un nome, talmente lontano che sembra già non abbia mai fatto parte della mia vita. Aveva l'aggressività traditrice del tuo sorriso. Io credo che sorridessi solo a me. E comunque ero sempre impreparato. Nonna Aleida ha esausto ogni sua preghiera per te. Due anni fa Eloy bruciava ed io tremavo arrabbiato e spaventato, desiderando di essere altrove. E ora vorrei che questo fuoco non si estinguesse. I wish I could mourn you even longer. Ricordo il volto di nonna Aleida, due anni fa. Credo si fosse preparata a quel giorno per anni. Oggi stringe le labbra con forza per non dare aria alle grida. Si porta le mani al petto. Non poterci strappare il cuore a vicenda sembra un limite insopportabile. Al tramonto il vento leggero trascina la cenere per le strade della periferia. Lascio scivolare una manciata tra le mie dita. Riesco a piangere solo quando ci ho gettato la faccia dentro. Le dita di mia nonna scorrono sulla mia nuca ed il suo palmo rugoso è una benedizione tra i miei singhiozzi.

[Luglio 2515]
Camminare da Tartagal a Cienfuegos con tre buchi rattoppati in petto non è una passeggiata. Anche senza fori in corpo significa passare per i peggiori barrios di Maracay o fare lunghi giri per evitare quelli apertamente ostili allo Scheletro. Certe vecchie storie non si lavano mai. Quando ho bussato la porta di casa nonna Aleida mi ha gettato le mani in faccia per tirarmi la testa contro al suo collo. Credo mi stesse aspettando, che avesse sentito quei tre colpi rubarmi il respiro.
"Pensavo davvero non tornassi più questa volta, Cristobal."
"Ho un angelo protettore, abuelita."
"Ne hai settanta, ma quante volte li vuoi mettere alla prova?"
"Io..."
"Lascia stare, sdraiati, lascia che ti curi."
"Mi hanno già ricucito."
"Lo so, non devo medicarti, lascia che ti curi."
La guardo confuso dal sangue che mi circola ancora a rilento in testa. Mi lascio crollare sul letto che occupa metà della stanza, abbandonandomi alle sue mani. E' una bella sensazione. Come farsi portare dalla corrente di un fiume.

[Gennaio 2516]
"La verità è che dovrei essere a Cienfuegos da Mama Odie, spendere i miei giorni a parlare con gli dei ed ammazzare narcotrafficanti."
"Non sono sicura di chi sia Mama Odie, né dove sia Cienfuegos... ma suona come un buon piano"



A voice in my restless sleep

Stringo tra le dita quel pezzo di carta ormai consumato, stropicciato, abraso dai miei occhi che lo hanno calpestato ogni notte. Due macchie rosse e secche, quasi nere, nascondono alcune lettere. Sono vecchie come quella notte in cui ho annaffiato la terra secca di Richleaf, in cui André mi ha ficcato le mani nel ventre per lasciarmi in corpo almeno una vita. Sono tornato in quella radura. Adesso lì crescono fiori rossi.

Then hate me when thou wilt; if ever, now;
Now, while the world is bent my deeds to cross,
Join with the spite of fortune, make me bow,
And do not drop in for an after-loss:
Ah! do not, when my heart hath 'scaped this sorrow,
Come in the rearward of a conquered woe;
Give not a windy night a rainy morrow,
To linger out a purposed overthrow.
If thou wilt leave me, do not leave me last,
When other petty griefs have done their spite,
But in the onset come: so shall I taste
At first the very worst of fortune's might;
   And other strains of woe, which now seem woe,
   Compared with loss of thee, will not seem so.


No Capitano Volkov, non ho mai pensato o preteso che qualcuno mi chiedesse scusa per quella notte. Ho sempre conosciuto le regole del gioco. Che riposino gli spiriti della mia terra, perché io ora combatto per dar loro pace.

Pero, quién darà paz a mí?

Skin

"Lo vedremo tra qualche giorno. Se io, Volkov e Sun non siamo morti tra qualche giorno, allora non erano spiriti."
"Se crepate mi prendo la tua pelle e me l'appendo in cabina."
"Ci sto. Ma devi meritartela prima."

L'involto abbandonato sulla branda di Oxossi non è stato infiocchettato, né avvolto in nient'altro che se stesso. Srotolandolo, rivela d'essere uno stralcio di pelle bovina conciata, dagli orli irregolari, non più lungo di un mezzo metro ed alto grossomodo la metà. Chi lo ha tatuato aveva tutta l'attrezzatura necessaria, ma una carenza tecnica ch'è evidente – le linee d'inchiostro sono sbavate, irregolari, informi come un paio d'ali rubate a un incubo o al ricordo fatiscente delle fauci di roccia scavate sui pendii montuosi dalla goccia affamata degli inverni piovosi di Bullfinch. Non ci sono firme, né biglietti. Magari è un regalo di Natale, magari una provocazione. Magari un avvertimento.



"Devi avermela strappata dalla schiena mentre dormivo"